IL CINEMA DI TIM BURTON: L’ESALTAZIONE DEL “DIVERSO”

In ogni autore e regista cinematografico vediamo che nei suoi film spesso porta avanti uno stile preciso e delle tematiche affrontate e risolte nell’arco della sua filmografia. Quello di Tim Burton è un cinema che pochi altri hanno trattato e sviluppato nella modernità ossia il consolidarsi del gotico mischiato ad un macabro horroresco e che a tratti sfocia nella comicità.

Come molti grandi autori della modernità come Quentin Tarantino, Christopher Nolan fino ad arrivare a Robert Zemeckis, Burton ha creato un genere ma soprattutto uno stile tutto suo. Quello che ci colpisce di più nelle sue pellicole è una continua esaltazione di quel tipo di corpo cinematografico che i sociologi contemporanei hanno denominato il “Freak”, ossia il corpo malato, deforme, lontano dalla normalità e dalla comunità, semplicemente il “diverso”.

Per entrare nel dettaglio della questione, come dimenticare gli esordi del cinema Burtoniano caratterizzati dalla figura di Edward- mani di forbice, un personaggio corporalmente fuori dalla normalità ma allo stesso tempo nella pellicola consolidato, su cui nutre l’interesse pubblico e a tratti anche ammirato purchè infine non accettato. E’ proprio quello il nocciolo della tematica di Burton che ci raffigura il freak che seppur non apprezzato nutre l’interesse di visione della popolazione, perché  noi possiamo disprezzare nella vita il macabro e il diverso ma come le grandi bellezze ci affascina e accresce la nostra curiosità nella vita quotidiana.

Nel passare degli anni Burton seppur illustrando nuovi generi cinematografici iniziando dal super-eroistico con Batman, passando per Ed Wood, Alice in Wonderland e nell’ultimo Big Eyes egli nella scenografia, nel linguaggio ma soprattutto nella dinamica non manca anche in queste pellicole di creare un’ambientazione e un’immagine visiva e non, caratterizzate dal macabro e dal gotico, purchè rimanga sempre questo l’ambiente di trattazione dei suoi film, è come se lui ci voglia sempre dimostrare per qualsiasi motivo che il mondo moderno è sempre più oscuro e magico alla vista dell’umanità.

Altri film invece diventano nella sua carriera puramente comic-horror come Il Mistero di Sleepy Hollow in cui l’investigazione del macabro è la tematica fondamentale ma soprattutto un ambiente horroresco non lontano dalla normale cittadina (nel caso del film New York) in cui viviamo. Passando per Sweeney Todd, La fabbrica di cioccolato e Dark Shadows, questi film diventano i capisaldi del cinema Burtoniano in cui spesso il freak combatte per vendicarsi contro un suo antagonista che nelle pellicole non è altro che il ritratto dell’umanità, che non accetta e apprezza il diverso nella società moderna, e questo ci riporta anche per fare un breve excursus ai primordi del freak ossia il Frankenstein di Mary Shelley (da cui Burton ha tratto un film d’animazione ossia Frankenweenie) e le tematiche romanziere di Edgar Allan Poe, non a caso lo scrittore preferito dello stesso regista.

Il “diverso” nelle pellicole Burtoniane cerca di lottare, consolidarsi e a nutrire simpatia verso il pubblico, egli è un personaggio dai tratti fisici orridi ma conserva e caccia un’anima e un carattere completamente buoni e socievoli, diventa l’eroe positivo della narrazione, l’apprezzato e capito da pochi (come nei grandi supereroi  Batman o Spiderman), in continua lotta con le sue vendette, i suoi amori. Burton dà al freak una sensibilità e dei sentimenti puramente umani, egli non è più l’automa di Mary Shelley o il  classicamente diverso ottocentesco, ma è arrivato ad uno stadio in cui Burton e il cinema in generale l’hanno reso sempre più simile all’uomo e al mondo, in un percorso cinematografico simile a quello dei Robot e dei Cyborg.

Burton illustra si un mondo surreale e fantastico caratterizzato dalla magia (vedi anche Planet Of The Apes e Big Fish) ma gli umori, le condizioni e i tratti caratteriali sono puramente riferiti alla società contemporanea, dove il regista sottolinea sempre che  non è mai pronta ad accettare almeno in buona parte l’anomarlità, seppur quest’ultima sia consolidata e esistente nel mondo odierno ma anche passato.

Burton in molte interviste ha dichiarato di essere restio alla vita Hollywoodiana se non per lavoro, questo è uno dei motivi sul perché vive a Londra, in fondo ci vuole far capire che anch’egli seppur non fisicamente si sente un freak, e forse alcune volte nel nostro animo sentirci diversi dalla massa ci piacerebbe anche a noi.

Stefano Valva

Lascia un commento